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amore, distacco, emigrazione, mare, mimettoingioco, narrativa, racconto
Mi hanno strappata al mare quando ero più fragile, una tellina staccata dallo scoglio senza bisogno del coltello. Come potevo oppormi? Dipendevo in tutto da loro e loro avevano deciso così senza interpellarmi, ci trasferiamo al Nord, punto. Mi sono trovata catapultata in un altrove che nemmeno immaginavo, l’acqua e la sabbia sostituite da asfalto e cemento,le onde dalle auto, il sole dalla caligine, che appunto è un termine che ho imparato qui, a scuola.
Niente qui è come vorrei e nulla è cambiato dal giorno del mio arrivo, ogni mattino le medesime sensazioni di rancore per l’oggi e nostalgia per un ieri irraggiungibile.
Odio Bolzano, una conca d’afa in estate, un frigorifero in inverno, odio le montagne intorno che sembrano schiacciarmi, odio gli abitanti, rigidi come ghiaccioli che si sciolgono solo ai mercatini di natale, lì sono tutti squisitezze e moine da vomito, e lì io rubo tra le bancarelle per dispetto, odio i miei compagni, crucchi rifatti che fingono di non capire il mio italiano. Li odio e me li porto a letto, per noia e per disprezzo. Non provo alcun piacere, ma quando loro, brufoli di fuoco e guaiti da cagnetti, vengono veloci come lepri, io scoppio in una risata sguaiata da far tremare i vetri. È la mia vendetta, ma loro non capiscono e rispondono ti amo, anzi ich liebe dich, che in quell’affanno bofonchiano in tedesco. Stronzi.
L’amore è un’altra cosa, l’amore l’ho lasciato mille chilometri più giù, in Calabria, insieme a tanto altro. Almeno la metà di me non è venuta via dal mare. L’amore era Rosario, mi conosceva da bambina e come una bambina mi aveva sempre trattata. Poi un giorno di giugno, iniziava l’ultima estate nella mia terra ma io non lo sapevo, mi offre una focaccia calda come spesso fa quando scende in spiaggia dalla panetteria dove lavora. Mi offre la focaccia e resta lì muto, pieno di stupore, i suoi occhi sui miei fianchi a guardarmi per la prima volta. Io addento disinvolta, rido, fingo indifferenza, ma erano anni che lo aspettavo. Oggi ti porto in barca alla Grotta Nera, mi dice quando s’è ripreso, col sorriso sfrontato che di solito riserva alle turiste tedesche che calano da noi in agosto.
Guardo Rosario che rema, bello come un dio, io la sua regina per un giorno. La barca scivola silenziosa nella grotta, io mi metto a gridare il mio nome per sentire l’eco. Poi, quando il buio si fa più fitto, solo un bagliore si riflette da dove siamo entrati, taccio, mi stendo sul fondo della barca, lo aspetto. Lui si avvicina, mi prende per mano e dai, tuffiamoci mi dice e mi trascina in acqua. È un delfino allegro, mi gira intorno, s’immerge, ricompare dietro di me, mi sfiora, lo sento, tremo, s’allontana, mi riemerge davanti, mi bacia, lo abbraccio, che non mi sfugga via. Lui ride, mi bacia di nuovo e scivola via. Gli grido tu quest’estate non porti qui nessuna zoccola tedesca. E nemmeno italiana! Questo luogo è nostro.
Non so se mi sentì, era nuovamente a piroettare sott’acqua. Eppure quell’estate Rosario non badò alle turiste, aveva occhi solo per me, non mi mollava un istante, la grotta, la spiaggia, il mare, la barca, il motorino, noi due sempre insieme. Avevo quattordici anni e avrei voluto farci l’amore fino in fondo, ero la sua donna, ma lui buona, piccolina, avremo tempo più avanti.
Ma di tempo non ce n’è stato più
Fanculo al mare e ai monti, fanculo anche a Rosario..
ocramocra ha detto:
Mare e terra come contrapposizione; il giù e il su, l’alto e il basso, nord e sud, femmina e maschio … è il gioco delle antitesi, dei termini di paragone, è una storia che condisce una pietanza nota e lo fa con pennellate vigorose, uno stile pieno e colorato, ma rimane a me il senso del déjà vu che mi sottrae la sostanza capace di farmi soddisfatto.
Ritengo si possa fare di più con il mare e la terra che un semplice navigare o passeggiarci sopra … vorrei sapere che la mangi e la bevi che usarla come sfondo e scenografia è cosa nota
Comunque uno stile importante, capace di narrare.
mirimettoingioco ha detto:
quello che tu chiami gioco delle antitesi per un’adolescente è spesso il metro di comportamento, ogni cosa è bianca o nera, o si ama o si odia. E indubbiamente questa adolescente non fa eccezione, identifica il mare con la sua parte positiva, la terra con ciò che rifiuta. In quest’ottica non mi sembra che il tema faccia solo da fondale a una storiella già nota, è quanto meno parte integrante di questa. Poi, a mio parere è il modo di narrare che eventualmente rende nuovo un dejàvù, quindi non puoi salvare uno e affossare l’altro (e qui mi do la zappa sui piedi perchè ora puoi affossare entrambi :-))
comunque, ocra, devo ammettere che i tuoi interventi sono il pepe utile alla riuscita del gioco.
ggianluigi ha detto:
Sfrontato. E non certo per la sensualità che fa da sfondo e che sapientemente non viene ostentata, ma per il trattamento davvero senza sconti riservato ai poveri altoatesini, la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati nel posto sbagliato. Eppure, siccome personalmente detesto il politicamente corretto, questo racconto mi piace proprio per questo (sia chiaro, mi sarebbe piaciuto anche a parti invertite) la rabbia della protagonista è cosi irriverente, ma così irriverente che non capisco se sia genuina o frutto di un consapevole forzatura nel calcare la mano sulla caratterizzazione negativa tipica del “tedesco” nella tradizione latina, fino a sfiorare il caricaturale, e far risaltare, per contrasto, la purezza (anche questa troppo rispettosa di una certa tradizione viril-cavalleresca per essere vera) del meridionale. Io, nella mia personale lettura, ho mitigato i dualismi che caratterizzano la storia, con una bella spruzzata di ironia, che mi rende non solo accettabili, ma godibilissime, le suddette forzature.
Per il resto c’è una bella capacità di raccontare: la protagonista è talmente sincera da non rendersi conto quasi delle cose che dice, e questa sua sincerità, (purezza anche) a salvare tutto il racconto.
PS se…se…se il sentimento “antitedesco” della nostra amica, dovesse in qualche modo più o meno inconscio rispecchiare un certo malcelato astio verso questa specie di Europa del Kaiser, della quale siamo ormai poco più che una provincia, allora le mie simpatie verso la protagonista d’incanto si moltiplicherebbero per mille.
In questo caso sì: abbasso i crucchi!👎 😊
mirimettoingioco ha detto:
mi spiace deluderti ma il sentimento antitedesco è casuale, mi serviva una contrapposizione forte, forse esagerata, ma la protagonista fosse stata trapiantata nel varesotto o in umbria avrebbe inveito contro quei luoghi e relativi abitanti allo stesso modo. Piuttosto mi rendo conto solo dal tuo commento di aver calcato un po’ la mano tra il “calabro buono” e i “vili ragazzotti crucchi”, però è più la protagonista che è cambiata nel trapianto, cambiata per esempio nel modo di offrirsi all’uno e agli altri, con amore prima, con spregio dopo. Aggiungo che non parlerei di “purezza” della ragazzina, lei stessa sceglie consapevolmente di non esserlo.
ciao ggluigi.
tempodiverso ha detto:
concordo con ocra sul fatto che mare e terra restano sullo sfondo, probabilmente avverrà la stessa cosa in altri racconti, in parte è dovuto all’ampio respiro del suggerimento di scrittura, che da un lato lascia maggiore libertà e dall’altro dà meno centralità a un elemento in particolare. Nel caso di questo racconto si aggiunge la precisa scelta dell’autore di interpretare il tema in chiave metaforica. Personalmente più che il mare e la terra, a sud o a nord che sia, vi leggo lo sradicamento, e in questo taglio di radici trovo l’attinenza al tema, concetto che viene introdotto dall’atto improvviso di staccare la tellina dallo scoglio. il personaggio è ben tracciato con il suo astio e la sua vendetta, atteggiamenti di rivalsa un po’ infantili, ma impetuosi e categorici come solo un adolescente può mettere in atto. Credo che uno dei pregi di questa storia sia la credibilità e verosimiglianza del personaggio.
mirimettoingioco ha detto:
sì, il tema centrale è lo sradicamento, o meglio la reazione all’allontanamento forzato dalla propria terra: la protagonista reagisce con rabbia e (rischio di) autodistruzione come fa spesso chi non ha mezzi per combattere ad armi pare.
grazie cecil per l’apprezzamento sulla credibilità del personaggio.
ciao
righe orizzontali ha detto:
Scusami AI se per ora tralascio il commento complessivo e mi concentro su un particolare: il nome della protagonista, come si chiama? Ti parrà strano, ma mentre leggevo il racconto mi sono lasciata influenzare dall’assenza del nome e non sono riuscita ad immaginarne uno. Perché la scena in cui lei grida il proprio nome nella Grotta Nera per sentirne l’eco, la volevo sentire più completa, con tutte le consonanti e le vocali giuste a risuonare là sotto. Sono un po’ rompiscatole, porta pazienza.
mirimettoingioco ha detto:
domanda più che legittima e m’aspettavo che qualche lettore giunto a quel passaggio se la ponesse. La risposta è,che la mancanza del nome è voluta. La ragazza parla in prima persona, quindi abbastanza naturale che non citi il suo nome. Ma soprattutto ho pensato che in questo modo il lettore/lettrice fosse indotto a sostituire il proprio nome a quello del personaggio, immaginando di gridarlo nella grotta.
ciao:
ggianluigi ha detto:
Cammmelaaaaaa! 😃
righe orizzontali ha detto:
La chiusura non è piaciuta nemmeno a me, l’ho trovata forzata e superficiale, come se la protagonista vanificasse tutto il tormento dato dallo sradicamento, dalla contrapposizione, dall’amore non vissuto con un’alzata di spalle e chissenefrega. Sul nome, caro AI, il mio non riesco a gridarlo perché steeefiiiii ci sta proprio male, allora meglio il cammmelaaaaa di ggluigi. Ma questi sono dettagli.
Il racconto non mi è dispiaciuto, penso ci siano alcune forzature, già sottolineate da altri e riconosciute dallo stesso AI, come la contrapposizione uomini del nord – uomo del sud che diventa quasi caricaturale o come il fatto che terra e mare rimangono sullo sfondo e appaiono più come un pretesto che nodali nella narrazione.
Secondo me hai focalizzato bene il caratterino di questa ragazza e hai reso in modo efficace la sua rabbia. Si, la rabbia, perché rileggendo mi rendo conto che ciò che mi rimane di lei non è la parte in cui descrive l’estate d’amore con Rosario, piuttosto la parte in cui sfoga il rancore. E comunque è ben scritto.
Jihan ha detto:
va bene, adolescenti lo siamo stati tutti e ne abbiamo visti ancora, dopo di noi, nel ripetersi del ripetersi del gioco incanto/disincanto. in questo senso a questa ragazzina non manca nulla, è rabbiosa quando deve essere rabbiosa e tenera quando dev’essere tenera. secondo me, vista la semplicità della storia (senza voler sminuire i drammi e le passioni degli adolescenti), l’errore in questo racconto sono i tempi. perché una che a quindici anni, o sedici quanto tempo è passato?elabora il lutto dello sradicamento – concordo con Cecil – “portandosi a letto” i propri compagni (al plurale) con il cinismo di una donna delusa, è padrona di un disincanto e di un risentimento che difficilmente le fa rievocare il primo innamoramento, magari anche un po’ asimmetrico, con tanta nostalgia e tanto sentimento. Quella rievocazione improvvisamente al presente che ci scaraventa nella dolcezza dell’estate e nel blu del mare, doveva andare prima, subito dopo l’incipit, anche volendo mantenere la contrapposizione mare/terra che ti è cara, AI, perché alla fine stride, diventa sdolcinata. E non mi basta lo sfanculismo generale in chiusa, per quanto schiettamente adolescenziale sia.
scusa se arrivo sul filo di lana, AI, ma sono stata via.
mirimettoingioco ha detto:
ciao jihan, ti rispondo in diretta sullo stesso filo di lana.
può darsi che spostando il tratto nostalgico appena dopo l’incipit questo sarebbe risultato più logico e quindi più credibile ai nostri occhi di adulti. Però una caratteristica degli adolescenti, soprattutto quelli di oggi è la repentinità dei loro cambiamenti non solo di umore, ma direi di mentalità, come perdessero memoria e potere critico sulle loro azioni precedenti.
semmai il difetto del brano è che è troppo condensato, forse diluendo diverrebbero più credibili certi passaggi.
ciao
Jihan ha detto:
AI, credo che un racconto debba avere una sua coerenza interna anche se non venisse letto da nessuno. Non è chi legge che fa un racconto, ma chi lo scrive. E qui non si tratta di cambiamenti d’umore ma di modifiche profonde.
comunque, come non detto. un saluto a te
mirimettoingioco ha detto:
perchè “come non detto”? Su quello che hai detto ho riflettutto e ho cercato di ribattere secondo quello che pensavo poi è possibilissimo che sbagli.
massimolegnani ha detto:
gli odi della protagonista sono categorici, intransigenti, come l’amore vissuto pochi anni prima in calabria. in questo il carattere della ragazza non è mutato, c’è una continuità logica nei suoi comportamenti estremizzati. Ho apprezzato l’uso del presente nell’unica parte in cui la protagonista nel narrare lascia trasparire commozione.
meno mi è piaciuta la raffica di fanculo finali, non per morale ma per eccesso di retorica e di prevedibilità.
ml
mirimettoingioco ha detto:
sì, ml, quei fanculo finali sono un po’ spicci e ormai convenzionali (tra l’altro sono risultati per refuso due puntini che sembrano una sospensione che non era prevista). forse avrei dovuto trovare un’invettiva più colorata e aderente al personaggio.
ciao
mirimettoingioco ha detto:
A “righe orizzontali”
ti rispondo qua sotto perchè i commenti si sono un po’ mescolati (non trovavo il tuo secondo intervento).
intanto ti ringrazio per apprezzamenti e critiche.
tra le varie contrapposizioni, volute, quella tra uomini del nord e del sud confesso che mi è un po’ sfuggita di mano, Rosario è un po’ troppo principe azzurro rispettoso e santo, andrebbe smussato e vivacizzato.
sul finale, se alludi ai fanculo a raffica ho già riconosciuto con ml che non vanno bene.
ciao e ancora grazie
ocramocra ha detto:
… e poi le telline, come le vongole,stanno nella sabbia … sono le patelle che stacchi dalla roccia con il coltello
… e poi te la vedi la scena di questi tirolesi bianchi e ruvidi come lavati con la varechina che sputazzano il loro seme spigoloso e questa qua, mora e carnosa, che ride sguaiatamente da far tremare i vetri che li manda affamocc a mammt?
mirimettoingioco ha detto:
Avevo qualche dubbio sulle telline. Bene, che patelle siano!
Quanto ai ragazzotti bianchi e paonazzi, sì, ce li vedo, come vedo lei, ragazzetta mediterranea e focosa che non li prende sul serio.
ciao
malosmannaja ha detto:
ah, l’ammmmore… ma l’amore è più di terra o di mare?
: )
m’è piaciuta la scrittura, vivace, forzatamente adolescenziale (in qualche passaggio, anche troppo forzatamente, tipo il “fanculo” finale e lo scoparsi per disprezzo ingenti moltitudini di crucchi rifatti…). ma a parte questo c’è nel racconto quella freschezza propria dell’idea ben sviluppata, priva di fronzoli eccessivi che comunica in modo efficace l’identità psicologica della protagonista e del suo allegro delfino
: ))))
mirimettoingioco ha detto:
ehh l’ammore, l’importante è che non sia terraterra 🙂
ho già riconosciuto la debolezza del finale, troppo liquidatorio.
per il resto grazie per l’apprezzamento al taglio dato al racconto.
ciao malosmannaja
scrittorucolo ha detto:
Ma ke bella e viva questa donna ke grida il suo nome ke non sappiamo. Si può dire ke 1 po’ me ne sono innamorato? In + io sono al nord e poi Rosario ha già beccato il suo “fanculo”, quindi nn è ke ci sarebbe qualche speranza anke per 1 povero scrittorucolo? 🙂 🙂 🙂
mirimettoingioco ha detto:
chi l’avrebbe detto? sfanculando, sfanculando, ho spezzato un cuore!
grazie scrittorucolo
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