Mi ricordo che faceva dondolare una pantofola, in bilico su un piede, sul viso un’espressione quasi beata, lo sguardo concentrato in quel virtuosismo sciocco.
Forse neanche mi ascoltava e c’era da aspettarsi che sul più bello se ne uscisse con un “guarda, cara, che abilità”. Abile, era abile davvero nel farmi sentire una merdina senza bisogno nemmeno di aprire bocca. Era proprio da lui quel fregarsene di partire da una posizione di obbiettiva inferiorità, un uomo in pigiama e ciabatte è di per sé svantaggiato, soprattutto se davanti ha un avversario vestito di tutto punto, ed ero io l’avversario, ancora vestita così com’ero rientrata a casa. Eppure era riuscito a ribaltare i rapporti di forza con pochi gesti ben dosati, il sorrisetto sardonico, l’inarcarsi del sopracciglio destro, l’attenzione al proprio piede funambolico, la calma sfacciata di fronte alla mia furia. Io sbraitavo, tornare a casa a sera tardi dopo tante ore di lavoro e non trovare niente di pronto da mangiare mi manda in bestia. E come una bestia lo assalivo a male parole. Lui seduto sulla poltroncina ai piedi del letto manteneva un atteggiamento che ora definirei regale, un re annoiato dal suo giullare. Gli insulti, le minacce, le urla scivolavano via sul pigiama stropicciato come gocce di pioggia sulla tela cerata. Ogni tanto sollevava una palpebra con lentezza studiata e mi fissava, uno sguardo svuotato da ogni sentimento, nemmeno odio o fastidio, incredibile come quell’occhio bovino, tondo e acquoso, avesse il potere di annichilirmi. Avete mai tirato pugni nell’acqua? La stessa sensazione quando affondai le mani nella sua pancia, i colpi si spegnevano sordi nel grasso e lui ridacchiava. Mi lasciò fare per un po’, poi mi scostò con una manata, il gesto infastidito che si dedica a una mosca molesta. Subito riprese a dondolare il piede stronzo. E intanto mi stava sfinendo senza fare la fatica di combattere, ancora non mi aveva offerto l’appiglio di una parola contro cui tentare di rimando un colpo da k.o. Mi resi conto che non ero nemmeno riuscita a trascinarlo sul ring, altro che combattimento, piuttosto era lui ad avermi attirato sul suo terreno preferito, il teatro. E sul palcoscenico non avevo alcuna possibilità di prevalere, io guitto scomposto, lui attore consumato, di quelli che il pubblico ama per la straordinaria misura dei gesti, entra in scena, non parla, solleva impercettibilmente la mano destra, accenna il movimento di una spalla e si scatena l’applauso.
Mi guardò di nuovo, questa volta muovendo un po’ la testa in un biasimo muto e arricciò le labbra in un sorriso di disgusto. Poi ricominciò a giocherellare con la pantofola, ignorandomi platealmente. Mi appoggiai alla parete e mi lasciai scivolare a terra, affranta. Solo vedendo le mie lacrime nere si decise a parlarmi, sporgendosi verso di me per non dover alzare la voce. La voce un soffio gelido: “Piccola mia, come puoi pensare che io ti prepari la cena mentre tu tardi perchè magari ti stai facendo sbattere dal tuo capo?”
Non attese la mia reazione che del resto non ci fu.
La questione era chiusa.
Si alzò con un sospiro e si avviò verso il letto. “Non fare troppo rumore quando vieni a dormire” mi disse ancora, prima di spegnere la luce.
Si addormentò di botto.
Accartocciata tra parete e pavimento, lo ascoltai russare per l’ultima volta. E ancora me ne ricordo.
mirimettoingioco ha detto:
il sito è sincronizzato sull’ora di Sant’Elena, ma al meridiano di Roma garantisco che è martedì 1° aprile, ore 00,12
mobybic ha detto:
Mobybic conferma e certifica 🙂 “Interno notte” è stato pubblicato alle ore 0.05 (circa) del 1° Aprile.
Per un problema di sincronizzazione (che cercheremo di risolvere) accanto al titolo appare la data del giorno precedente.
___________
Fa fede ovviamente la data del 1° Aprile, quindi per la pubblicazione del prossimo racconto si dovrà attendere giovedì 3 Aprile.
scrittorucolo ha detto:
Divertente in particolare x come è sviluppato il tema ginnico della pantofola tanto ke mi aspettavo ke a un certo punto hop, facesse scattare in alto l’alluce come una molla e la ciabatta volasse via descrivendo un perfetto doppio salto mortale carpiato all’indietro x ricadere precisa precisa sulla punta del dito!! Bhe, mi dispiace non tanto x lui ke è proprio carognesco quanto x il mondo ke ha perso un così abile funambolo della pantofola, xò mi pare di capire ke lei se l’era sposato o comunque fosse il suo compagno di vita quindi un po’ se l”è cercata… ma meglio tardi ke mai sia che poi se ne sia andata x non tornare più o l’abbia fatto secco soffocandolo con la ciabatta ficcata in gola! 🙂 🙂 🙂
mirimettoingioco ha detto:
vedo che tu lo dai per morto. è un’ipotesi plausibile e interessante.
ciao
tempodiverso ha detto:
interno notte, bel titolo che si può riferire allo spazio e al tempo della storia, ma che rappresenta anche la sottile crudeltà e il buio fitto che avvolgono questo rapporto. bella la caratterizzazione dei due personaggi, lei, apparentemente aspra e veemente e lui, quasi privo di emozioni e che in realtà ha il potere. Potere dato dall’ostentazione dell’indifferenza, atteggiamento con il quale manifesta il disinteresse per l’altra, per le sue esigenze e per le sue giuste recriminazioni.
(naturalmente parto dalla convinzione che l’accusa lanciata dall’uomo circa il tardare di lei sia falsa, altrimenti più che di indifferenza parlerei di giusta vendetta, ma l’autore ci ha lasciati liberi di credere o meno a questo dettaglio).
e, in questo caso, anche il gioco con la pantofola su cui lui si concentra è la testimonianza che anche la gestualità porta dell’estrema attenzione che l’uomo ha per se stesso, l’uomo, il suo gioco e la sua calma rappresentano un piccolo universo chiuso al resto del mondo, il personaggio che ne esce è a tutto tondo: indolente, sfacciatamente egoista, con la sua indifferenza, il tono basso della voce, la sua fisicità che viene messa al centro della scena.
mirimettoingioco ha detto:
ho voluto fare del gesto imposto dall’incipit un elemento del carattere del protagonista. e volutamente non ho messo una parola che potesse far capire se l’accusa che lui rivolge alla donna fosse o meno fondata. è interessante vedere come il lettore, secondo la propria indole più o meno scettica riguardo ai legami di coppia, interpreta il fatto. tu ti sei espressa (assolvendo la donna) 🙂
mobybic ha detto:
prova per verifica orario
mobybic ha detto:
ora siamo giusti anche con la data 🙂
righe orizzontali ha detto:
L’immagine del Grande Lebowski si addice perfettamente a lui: indolente, apatico, strafottente. Gli manca solo la vestaglia nocciola a costine larghe e un white russian fra le mani. Non è Lebowski l’anima forte dell’interno notte, bensì lei, la donna contemporanea, fatta di nervi ma desiderosa d’affetto. Lei che piange perché è insoddisfatta di se stessa, incredula di averlo scelto, incapace di reagire a qualcosa che è morto da tempo: l’amore per lui.
Una domanda all’autore: lacrime nere di mascara o di rabbia?
Stefi
mirimettoingioco ha detto:
nere di mascara, la rabbia a quel punto è sfumata ed è subentrata la resa da sfinimento.
Sono d’accordo, il Grande Lebosky è perfetto nella parte del pantofolaio un po’ bastardo.
quanto alla donna piange soprattutto perchè non riesce a contrastare come vorrebbe quest’uomo di gomma (a meno che alla fine non l’abbia ammazzato!)
ciao
malosmannaja ha detto:
e si riparte, dunque, evviva!
: ))
notevole il funambolismo non solo del pantofolaio, ma anche dell’autore/autrice che in poche righe dà corpo allo spessore psicologico dei due personaggi. tocchi di classe, in questo senso, la descrizione dei “gesti ben dosati” e dell’occhio bovino, parte integrante di un “linguaggio non verbale” che l’uomo mette in scena con navigata malizia da vero attore.
bello anche l’accartocciarsi finale della donna, femminile quanto la scrittura e forse non a caso costretta a piangere lacrime nere come l’inchiostro affidando a loro il mandato di una rivalsa possibile *solo* nella pagina scritta, almeno a giudicare dal ruolo cristallizzato dall’auto-condanna senza appello sentenziata da “io guitto scomposto, lui attore consumato”.
rivalsa che prende forma nel finale, con quel “per l’ultima volta” che non esclude un infarto nottetempo dell’obeso bovino, ma suggerisce soprattutto drastiche/drammatiche decisioni, tra cui ipotizzerei (a) un intervento di setto-turbino-plastica per il marito (già programmato da mesi per il giorno seguente), (b) una fuga della moglie verso un paese tropicale dove non sanno neanche cosa sia una pantofola (c) un assassinio (mi associo al commento precedente di scrittorucolo).
rivalsa che, comunque, come dicevo prima, parrebbe esistere più che altro sulla carta (del racconto) essendo l’io narrante sconfitto e accartocciato.
aggiungo che, senza bisogno di ulteriori parole da parte dell’autrice/autore che svelino il mistero, basandomi sulla psicologia emergente della donna (le sue parole e il suo comportamento), l’accusa formulata dal marito circa una relazione extraconiugale mi suona palesemente falsa e pretestuosa.
ecco. mi fermo che ho già sproloquiato fin troppo.
: )
riordino le idee e poi torno per le cose che mi hanno convinto di meno.
mirimettoingioco ha detto:
Malos, perchè ti suona falsa e pretestuosa l’accusa dell’uomo? La resa della donna non potrebbe essere dovuta al fatto che si è sentita colta in flagrante? (l’uso del “magari” in bocca a quest’uomo, più che esprimere dubbio sembra una raffinatezza sadica)
Noto con sorpresa che tutti i commentatori, con sfumature differenti, sono convinti che lei alla fine lo abbia ucciso. Non potrebbe essersene semplicemente andata, “magari” dal suo amante?
ciao malos
malosmannaja ha detto:
“Malos, perchè ti suona falsa e pretestuosa l’accusa dell’uomo?”
basta rileggere il comento precedente: “basandomi sulla psicologia emergente della donna (le sue parole e il suo comportamento)”, ovvero, per come hai narrato la donna e per come io l’ho letta. se desideravi un effetto diverso dovevi: (a) narrarla in modo diverso, (b) farla leggere a un lettore diverso.
: )))
Jihan ha detto:
in tempi di femminicidio un maschicidio ci sta tutto. colpisce il ribaltamento dei ruoli/cliché, non manca niente. lui che si fa trovare in vestaglia e pantofole come nella migliore tradizione della sciatteria femminile, lei che avanza pretese di accudimento senza se senza ma, come in tante aspettative maschili, lui che si sottrae all’esercizio del potere – è così strafottente – e lei che va fuori di testa per un futile motivo (sembra sempre un’inezia superabile con un minimo di consapevolezza quella per cui le donne muoiono ammazzate), lui che paventa la ripicca per gelosia, lei che finge remissività prima del balzo fatale. funziona come un vecchio orologio a movimento meccanico questo plot che utilizza le modalità e le apparenze storicamente femminili per disegnare un uomo che sembra nuovo nuovo e una coppia ugualmente sbilanciata. il problema è che non lo so, davvero non lo so, se a una donna, paritetica quanto vuoi, basterebbe la provocazione – vera o presunta – per ammazzare, forse è per questo che in fondo sono rare quelle che arrivano all’omicidio. e non perché siano migliori, per carità.
Il pantofolaro mi sta simpatico, anche se non ho mai posseduto un paio di pantofole, più della tigre esasperata, umiliata e offesa, e mi piace pensare che il paradosso sia intenzionale, che il ribaltamento sia un esercizio formidabile d’introspezione. chissà. resta il fatto che la dinamica, al di là dei ruoli, dei generi e degli individui, è veramente agghiacciante.
ocramocra ha detto:
Ccchessò … l’articolo scivola veloce come goccia sulla tela cerata, si compiace di allegoriche essenze che dovrebbero stordirmi e affascinarmi, tremula la carne flaccida di un opulente signore, l’occhio bovino straluccica liquido, una femmina s’avventa magari in tacchi e mascara a tirar pugni nell’acqua … il funambolico non sono riuscito a vederlo ne la luce che lo dipinge nella stanza vicina del letto verso il quale sospirando scompare, lei a terra accartocciata.
Mi manca una motivazione, una pausa che faccia capire lo sfascio che li corrode, una luce che illumini la scena, una pennellata che dia colore a quel pigiama o alla poltrona sulla quale s’adagia … altrimenti non lo trovo credibile.
La sospensione lascia immaginare una fine che non dici … ho ritenuto ovvio immaginare la mesta dipartita della tacchinella infuriata.
La lettura è rapida e non ostacolata da consonanti contrapposte o vocali consequenziali e quindi la lingua scivola veloce da una parola all’altra, una buona scrittura dunque … ma non basta (a parer mio).
mirimettoingioco ha detto:
Ocra, nessuno voleva stordirti 🙂
a me sembrava di averlo caratterizzato sin troppo il pantofolaio!
d’altra parte in uno dei primi commenti viene citato il Grande Lebosky, segno che almeno quel commentatore si era fatto un’idea abbastanza precisa del protagonista. Manca una motivazione allo sfascio, dici, ma, secondo me, c’è da chiedersi come abbiano fatto due tipi dal carattere contrapposto a resistere tanto tempo assieme. probabilmente all’inizio le divergenze non erano così evidenti, mentre ora lei può essere che abbia un’altra vita, lui non fa nulla per recuperarla a sè.
mi fa piacere che tu propenda per un finale differente rispetto a quello espresso dagli altri. Propendo anch’io per l’uscita di scena della “tacchinella”
ciao
mirimettoingioco ha detto:
Questa risposta è per JIHAN, anche se nel frattempo è scivolata lontano (la risposta, jihan spero non sia scivolata):
hai detto giusto, lui è strafottente! quindi i ruoli sono invertiti solo nella forma, nella sostanza, nella dialettica, negli atteggiamenti, lui è prevalente su di lei. e anche fosse davvero stato tradito, non mi pare che questo modifichi il rapporto di forze.
Anche tu, mi pare, dai per scontato l’omicidio, ipotesi possibile ma non l’unica possibile.
ciao jihan
Jihan ha detto:
con la scrittura non si scherza AI, non si può lasciare aperto il finale e meravigliarsi che il lettore non vada dove – implicitamente – volevamo che andasse. Non so gli altri, io penso che lei lo uccida perché questo racconto è intriso di risentimento e di violenza repressa, è un campo di battaglia e, come sottolinei giustamente, è solo ormai un rapporto di forze contrapposte. E questo tipo di rapporti non è mai ciò che appare (nel senso che,non è detto che a soccombere sia quello/quella più forte psicologicamente). Aggiungo che al di là della voce narrante credo, e mi tengo l’arbitrio, che possa averlo scritto solo un uomo. Se poi invece è un’AI, chapeau.
mirimettoingioco ha detto:
certo che con un finale aperto ogni lettore tende a completarlo a suo gusto, nessuna meraviglia. quello che mi ha meravigliato è che quasi tutti i lettori abbiano optato per l’omicidio (desiderio inconscio di sopprimere un protagonista antipatico?)
Jihan ha detto:
penso che un riscontro quasi unanime sia una buona cosa, Ai 🙂 permette di capire dove abbiamo portato – consciamente o inconsciamente – il lettore, soprattutto se non è dove noi volevamo andare. Ora, dai commenti mi pare di capire che l’interpretazione ‘giusta’ del finale tu ce l’hai o, almeno, ‘propendi’, ma hai scelto di lasciarci liberi. l’ho già detto, vero, che il pantofolaro a me sta simpatico molto più della sua avversaria quindi credo, permettimi gentile AI; che all’idea dell’omicidio mi ci abbia portato tu. Io so che lui è un aggressivo-passivo (brutta specie) e che lei è un’aggressiva-aggressiva, così piena di rabbia che l’epilogo sanguinario è inverosimile certo (concordo con Ocram, ma quale omicidio in fondo non lo è?), ma non impossibile. Ti prego però di soffermarti anche sul resto che ti ho scritto, perché ci sono cose che riveli nei commenti di cui nel racconto non v’è traccia. Un racconto che scatena un bel dibattito AI non è mai privo di pregi e di valore.
ps per mobybic: se come temo wp non permette commenti a nastro e metterà questo commento in ordine cronologico inverso, dovremmo modificare qualcosa nelle impostazioni della discussione e abilitare i commenti nidificati per n (scegli tu) livelli di profondità. il dibattito è denso 🙂
ggianluigi ha detto:
Semplice e lineare ma complesso al tempo stesso. Partiamo dal problema dell’adeguatezza del racconto in rapporto al tema dato (ammesso poi che sia un problema). Dunque, quando si parte da un incipit, é molto difficile giudicare. normalmente mi regolo in questo modo (è una specie di esperimento mentale): se io lettore salto l’incipit, il racconto “funziona” ugualmente? se la risposta è sì allora vuol dire che l’incipit è stato poco più di un pretesto, ovvero non è stato determinante nell’economia del brano. Detto questo dico che nel caso specifico l’incipit è stato molto ben caratterizzato, la ciabatta dondolante è perfettamente in linea con il carattere e l’atteggiamento del personaggio maschile. Certo, il meccanismo narrativo (rovesciamento dei ruoli-tradimento-punizione) funzionerebbe ugualmente anche al netto di quella ciabatta, ma quella ciabatta aggiunge qualcosa al personaggio, ed è anche qualcosa di importante “il piede stronzo” è una bella definizione, mi piace 🙂 inoltre non è relegata alle prime due righe, ma viene ripresa anche in seguito (vedi il piede stronzo di cui sopra) e ancora più avanti, insomma tutto questo pistolotto per dire che il racconto è (secondo me ovviamente) sufficentemente adeguato rispetto al “mandato”
Semplice e lineare dicevo: semplice nella trama ma complesso nell’attribuzione delle responsabilità, è qui l’autore è stato bravo nel confondere le acque, il lettore si trova privo di punti di riferimento certi per decidee per chi parteggiare, e allora è tutto un fiorire di interpretazioni. Il tradimento è vero o non è vero? chi può dirlo?
Si intuisce inoltre che dietro ci deve essere dell’altro, per esempio, perchè lui è diventato così cinico, immagino che non lo sia di fabbrica, vero? Io comunque mi iscrivo al partito dei simpatizzanti dell’uomo in ciabatte (se permettete) la figura della donna ha un che di meschinetto, comunque il racconto sembra scritto apposta per scatenare le opposte fazioni di tifosi, e questa cosa è anche divertente. Poi…il ritmo è quello giusto e la lunghezza perfettamente calibrata. Non sarei sicurissimo infine che trattasi di penna femminile.
mirimettoingioco ha detto:
GianLuigi, non sono sicurissima nemmeno io che sia una penna femminile 🙂
Le responsabilità, come nella maggior parte delle coppie in crisi, vanno divise più o meno a metà. Lui è andato affinando col tempo il proprio disincanto (cinico non ci è nato ma lo è diventato) fino a farne una vera strategia di combattimento, peraltro il modo migliore per smontare la furia di lei.
ciao
(grazie per il piede “stronzo”)
massimolegnani ha detto:
Le cose che mi sono piaciute: l’adesione del testo all’incipit. Il sarcasmo dell’uomo, vera strategia operativa che ne fa un personaggio sufficientemente originale.
Le cose che non mi sono piaciute: un certo autocompiacimento di scrittura, come dire ammicca al lettore con qualche metafora di troppo. Il finale troppo aperto, almeno farci capire se lei lo tradiva o no.
Ciao,
ml
mirimettoingioco ha detto:
concordo!
(quando scrivo mi compiaccio, ed è un limite!)
ocramocra ha detto:
Caro miri … più che il grande lebowsky ho visto platinette senza trucco e parrucca adagiato/a sulla poltrona. Il grande lebowsky si muoveva in ambito assolutamente diverso, ma noi tutti abbiamo generalmente iconizzato la sua figura in vestaglia e pantofole come immagine del degrado al quale può arrivare l’animale umano tra quattro mura domestiche; in realtà lebowsky è un personaggio che si autogenera dal nulla, non ha passato, non ha schemi di vita al quale fare riferimento ma vive immerso in una noia surreale e gli fa da sfondo uno squallido contesto culturale e ambientale. I tuoi personaggi, invece, li dobbiamo giustificare durante e dopo la lettura … ho letto varie ipotesi ed anche la giustificazione per come queste ipotesi possano essere vere … io non voglio ipotizzare, voglio sapere. Posso accettare il finale aperto che mi concede la possibilità di dare una svolta alla sorte dei protagonisti, ma la scrittura metaforica mi lascia insoddisfatto, mi distrae dalla storia, dai personaggi. La figura di lei (sempre a parer mio) è inverosimile … come puoi pretendere di arrivare tardi e trovare pronta la cenetta se non sapendo di poter contare su una qualche forma di “complicità”? E la violenza con la quale manifesti la tua rabbia, da quale fortissima delusione proviene? Ho bisogno di sapere di più, di immaginare un quadro che non ho visto.
Certo che scrivere con un incipt del genere non è facile, apprezzo lo sforzo e, ripeto, una scrittura scorrevole … però … !
mirimettoingioco ha detto:
Lebosky (impareggiabile) ha attinenza solo per l’aspetto fisico e l’atteggiamento di noncuranza nei confronti del proprio abbigliamento sciatto.
per il resto forse cerchiamo in un racconto (fermi restando limiti e difetti miei) cose diverse, tu vuoi sapere tutto, a me piace lasciare contorni indefiniti e finali possibilisti.
ciao
malosmannaja ha detto:
completo il commento di jersera con le cose che mi hanno convinto di meno nel pur ottimo raccontino di cui sopra.
(a) il mostro m’è apparso troppo fisicamente mostruoso (l’uomo stronzo bovino grasso molliccio pantafolato è ributtante). sarà che non sono lombrosiano, ma non mi ritrovo nelle semplificazioni letterarie in cui il buono è bello e il brutto è cattivo; (b) il racconto muore di parto: quando la lettura inizia a prendere corpo il racconto finisce. sarà che i racconti bozzetto-flash mi suonano spesso come bignami d’autore, ma credo che qualche filamento di trama divergente (anche cronologicamente lontano), funzionale o meno alla narrazione, poteva restituire al lettore e al tutto una complessità più reale (visto l’approccio neorealista del brano). (c) l’originalità del brano è un po’ limitata dal suo (ri)percorrere i sentieri già molto battuti del disinnamoramento nella vita di coppia.
comunque nell’ambito circoscritto della materia in oggetto in questo brano, l’autore/autrice mi pare che abbia fatto davvero un ottimo lavoro: dal di fuori siamo tutti “professoroni”, ma nel concreto difficilmente il nucleo polposo del racconto poteva essere reso meglio di così. quindi compliments.
mirimettoingioco ha detto:
i “professoroni” dal di fuori sono utili per capire pregi e difetti.
a) in effetti al tipo potevo risparmiare qualche particolare troppo caratterizzante a rischio caricatura
b) bè, fai conto che questa sia un’istantanea o un breve video girato in una sola stanza (come dice il titolo). è stata una scelta precisa che si può non condividere.
c) forse proprio il desiderio di ripercorrere i triti sentieri del disagio di coppia (lui prepotente e violento che reclama i servizi di cucina e letto, lei casalinga remissiva) mi ha riportato ad un eccessivo ribaltamento (anche se il vero prepotente pur con modi inusuali resta lui)
ciao
mobybic ha detto:
per Jihan, al momento dovremmo essere a posto con i commenti, siamo già su più livelli e con molti commenti in ciascuno, se notassi che serve aumentare il livello mandaci una mail e sarà fatto…più o meno tempestivamente 🙂
mirimettoingioco ha detto:
A JIHAN (non ho modo di inserirmi sotto il commento)
hai ragione, nelle risposte ai commenti dico cose che nel racconto non compaiono. semplicemente nelle risposte mi sono fatto prendere la mano dalla fantasia.
L’omicidio finale ci può stare sicuramente. non è ciò che immaginavo io, ma questo è un problema mio: se volevo evitare che i lettori giungessero a una determinata conclusione, avrei dovuto indirizzarli in un’altra direzione. volutamente non l’ho fatto, quindi adesso zitto 🙂
ciao
stefaniazan8 ha detto:
E’ permesso?
Mi piace qui!
Bel racconto, mi piace come hai usato l’incipit, e come hai offerto al lettore i due personaggi.
L’unica cosa per farlo ancora più bello secondo me è che forse dovevi seminare un po’ all’inizio su di lei qualcosa che insinuasse nel lettore un dubbio o che lo portasse alla fine a raccogliere meglio l’affermazione del marito riguardo al tradimento.
Comunque un buon lavoro!
mirimettoingioco ha detto:
sì, sono d’accordo, qualche elemento in più sulla figura di lei avrei dovuto fornirlo, forse mi ha frenato il fatto che lei era la voce narrante, difficile quindi che confessasse a terzi il proprio tradimento. ci penserò per una prossima ri-stesura.
ti ringrazio,
ciao
ggianluiigi ha detto:
Aggiungo: il sospetto paventato nel mio commento precedente circa l’appartenenza dell’autore allo stesso genere del sottoscritto è diventato certezza dopo aver riletto il racconto. Spero di non sbagliare, ma soprattutto spero che nessuno se ne ricordi nel caso in cui il “disvelamento” finale dovesse rivelarci che avevo torto.
Comunque…,questo autore ha dipinto un’immagine certamente negativa dell’uomo, avvalendosi anche di certi stereotipi particolarmente efficaci e collaudati per l’uso. Ha dipinto contestualmente l’immagine di una donna vittima predestinata, sicuramente positiva, ricorrendo anche in questo caso ad alcuni elementi fortemente caratterizzati, non ultimo l’essere convivente con “l’aggressivo passivo” (prendo in prestito la perfetta espressione usata da jihan nel suo commento). Ebbene, a fronte di tutta una serie di caratterizzazioni contrapposte cattivo/buono, cosa emerge alla fine? Strano a dirsi: che lui diventa simpatico o quasi, mentre lei piuttosto detestabile. Credo che questo effetto provenga direttamente dall’animo dei personaggi così-come-sono, senza passare (se così posso dire) dalla penna dello scrittore. Come se la verità storica, che non conosciamo sia riuscita non so come ad insinuarsi nell’attualità del racconto per aiutarci a dirimere tutta la questione anche contro (forse) una certa mistificazione dei fatti attuata dall’autore volutamente suppongo, perchè altrimenti non avrebbe calcato così tanto la mano con tante strizzatine d’occhio rivolto al lettore. Per me è un bel racconto.
mirimettoingioco ha detto:
Autore? Autrice? chissà, non mi sbilancio oltre 🙂