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parole sulla pelle


– E poi… poi mi sento che mi manca il respiro, dottore.
– Non trovo niente nei polmoni, Roberto. E anche la pressione e il cuore sono a posto.
– E’ come un nodo qui, sulla gola: mi sembra che non entri l’aria.
– Anche la tiroide è a posto. Scenda dal lettino.
– Ma io mi sento…
Il medico taglia corto, preso dall’ansia della coda di pazienti oltre la porta. Mentre Roberto si riveste seguitando a lamentarsi, il cerusico riveste la voce di carta vetrata e stizzisce
– Roberto, glielo ripeto: non – ha – niente, ok? L’ho visitata da capo a piedi e non – ha – niente!
Il paziente sospira sconsolato: sa che non è vero, qualcosa ancora ce l’ha… per esempio, il monolocale in cui vive da solo da due anni. Il volto affilato fatica a mutare espressione a causa dei muscoli assottigliati per mancanza d’allenamento.
– Allora… forse sono io che trattengo il respiro.
Il medico squadra la maschera slavata di Roberto, pronto a scattare per il sospetto che nelle parole dell’uomo si nasconda una qualche volontà polemica, se non di scherno.
Pausa.
Niente.
Il dottore rincula a disagio, arretrando leggermente grazie alle ruote della sua imponente sedia in pelle nera. Infine concilia.
– Probabilmente è un po’ d’ansia. Le stampo una ricetta di Peranaper, 10 gocce mattina e sera l’aiuteranno a sciogliere la tensione.
Roberto ringrazia e saluta

***

– Ma sei sicuro di quello che dici?
Roberto è perplesso. Andrea arriccia il labbro, come a intendere di saperla lunga, poi rincara.
– Dovresti almeno prenderti un i-Phone con internet. Ormai sei fuori dal mondo.
– Ci ho pensato. Magari se mi capita un’offerta buona…
– Capisci? La menata del debito pubblico, della casta, delle Ruby, della corruzione sono un paravento costruito ad arte per nascondere, se non disinformare. Hai presente quando il dito indica la montagna e lo scemo guarda il dito?
Roberto sospira.
– Ehi! Grazie per avermi dato dello scemo! – si alza, tormentato dalla solita fame d’aria – …ti spiace se apro un poco la finestra?
– No problem. In realtà anche della situazione in Grecia non ci dicono nulla. Segnali di ripresa?!? Ma se nell’ultimo anno, l’ente statistico nazionale ELSTAT ha fatto sapere che sono andati persi altri 400000 mila posti di lavoro!
– Sono tanti?
– Fai tu. In Grecia ci sono 11 milioni di abitanti. Tolti bambini e anziani fa circa 7 milioni cittadini che potrebbero lavorare. Sai in quanti hanno un lavoro a fine 2013, grazie all’austerity dettata dalla Troika?
– Boh.
– Tre milioni e mezzo: la metà. Cioè, ti rendi conto? Il numero dei senza lavoro ha uguagliato quello dei lavoratori.
Roberto disegna forme geometriche nella polvere del tavolo. Andrea arresta il suo slancio comunicativo, abbassando il tono di voce.
– A cosa pensi?
Roberto esita, poi dice.
– A Sara.

***

Il cielo, oltre i finestroni in plexiglass opaco appare grigio.
All’ipermercato c’è tensione: carabinieri, grida e un folto capannello di gente attorno alla sezione acque minerali. Roberto si avvicina trascinandosi dietro il carrellino in plastica rossa sbiadita e chiede lumi a un ragazzo di vent’anni che scatta alcune foto con il cellulare.
– Ma cos’è successo?
– Niente, c’era l’offerta dell’acqua, sei bottiglie a quaranta centesimi. Non ha letto il volantino?
– …
– Hanno incominciato a spintonarsi e a picchiarsi. C’era un tipo, un marocchino, che voleva prendersi l’acqua pure lui e qualcuno non era d’accordo.
– Beh, noi italiani dovremmo avere la precedenza – concede Roberto.
Il grigio che filtra dalle vetrate rende ancor più mesta l’atmosfera da tempi bui di guerra tra poveri. Il ragazzo concorda e rincara.
– Mica è più come prima: adesso non ce n’è per tutti. Cosa cazzo vogliono ‘sti bingo bongo? Si sono pure fatti la ministra negra per fotterci meglio.
Roberto vorrebbe aggiungere ulteriori considerazioni a sostegno della tesi, ma lo sfiora il pensiero che Sara non sarebbe d’accordo, anzi, s’arrabbierebbe senz’appello. Così passa oltre, sentendo l’aria farsi più sottile.
Anche alle casse c’è fermento. Una signora coi capelli grigi discute animatamente con la vicina di coda.
– …e la colpa è tutta nostra! Siamo poco competitivi, abbiamo un debito pubblico alle stelle, troppi politici corrotti e troppi immigrati.
– Lo sa come ci chiamano? …i PIGS? – dà bordone l’interlocutrice più giovane, e vista la perplessità della consumatrice più anziana, si affretta a spiegare – una parola fatta con le iniziali dei paesi meno virtuosi, che in inglese vuol dire maiali.
Roberto si specchia nel pavimento lucido dell’ipermercato cercando oltre il cavallo dei pantaloni la classica coda a cavaturaccioli.

***

Andrea scuote il capo.
– Ma non è la “mia opinione”! I dati macroeconomici parlano da soli, a volerli leggere. Euro e austerità sono due facce della stessa medaglia: dobbiamo fare austerità perché c’è l’euro! Quindi nell’euro non c’è nessuna speranza di crescita…
– Ma se hanno detto anche ieri che la ripresa è vicina.
– Non hai notato che sono parecchi anni che ti dicono la stessa cosa?
– Sì, ma…
– Parole, parole, parole. Parole senza un minimo di riscontro nei fatti. Ormai siamo fatti di parole.
Sorridono entrambi, amaramente. Roberto si gratta il mento: darebbe una mano per avere una canna da fumarsi seduta stante. L’ultima volta, dev’essere stato oltre dieci anni fa. Andrea riannoda il filo del discorso.
– Solo parole, un mare di parole sulla pelle di noi comuni mortali, di noi che paghiamo con la nostra vita, coi nostri sogni, con il nostro lavoro. La finanza internazionale mercanteggia con le nostre vite: a fronte dei loro guadagni, noi siamo perdite marginali.
– Non mi intendo di finanza.
– E di speranza? E’questo il punto. Chi non sa che la crisi non è dovuta al debito pubblico, ma a quello privato, non ha speranza. Chi non sa che il reale obiettivo delle politiche di austerità è quello di venire incontro ai creditori esteri più che alle esigenze del paese, non ha speranza. Chi non sa che per recuperare competitività, se non si può aggiustare il cambio, devi distruggere il lavoro e la domanda interna, non ha speranza.
– Non capisco.
– Devi creare disoccupazione per imporre la flessibilità a lavoratori disperati, che pur di rientrare nel mercato del lavoro accettino salari più bassi e per questa via provi ad aumentare le esportazioni. Di più, ci sono dati pubblicati in tutta Europa che spiegano che la flessibilità del mercato del lavoro compromette la produttività del lavoro! Capisci? Chi ti dice il contrario, magari con tono fermo e rassicurante, o è ignorante o è in malafede!
– Lascia stare, Andrea. Non ti seguo. Non ci capisco un cazzo.
Roberto boccheggia. Il cuore batte più in fretta di quanto dovrebbe e uno strano tremito gli morde il corpo. La polvere depositatasi sulla cornice di un quadro appeso alla parete osserva la scena dall’alto, con muta rassegnazione.
Andrea scuote il capo.
– Vabbè, dai, non volevo metterti di cattivo umore. Oggi che mi offri? L’ora di pranzo è passata da un pezzo e alle tre ho un colloquio e poi un paio di cose da sbrigare a casa mia.
– Calo un po’ di pasta.

***

Luca ringrazia e si congeda dalla vicina di pianerottolo, che gli ha fornito un po’ d’informazioni aggiuntive. Rilegge, con visibile soddisfazione, gli appunti raccolti sul tablet grazie alla pazienza del carabiniere col pizzetto e si prepara a dettare al computer portatile una prima bozza del pezzo. Non vede l’ora di dirlo a Francesca: ha buone speranze di piazzare l’articolo addirittura su qualche testata a distribuzione nazionale, cosa che si tradurrebbe in una salutare boccata d’ossigeno per il bilancio mensile familiare.
Sfiora l’icona che raffigura un microfono stilizzato e inizia a registrare.
“Roberto Fratti, un uomo di 49 anni, si è suicidato impiccandosi al balcone di casa sua a Milano, in via Cerella, zona Corsico. Ieri pomeriggio aveva ricevuto l’ingiunzione di sfratto che gli è stata ritrovata in tasca, in cui gli veniva intimato di lasciare entro trenta giorni il bilocale dove viveva da solo da due anni. Non è chiaro se il suicidio sia avvenuto già ieri sera o stamattina, quando un passante dalla strada ha notato il corpo appeso al balcone e ha subito dato l’allarme. Il suicida era un operaio rimasto per alcuni anni senza lavoro e che da mesi non era più riuscito a pagare l’affitto. Pare che avesse cercato di ottenere prestiti da banche e finanziarie, ma nessuna gli aveva accordato il credito. Quando gli ufficiali giudiziari gli hanno consegnato l’ingiunzione di sfratto era da solo. Evidentemente lo sconforto ha prevalso e lo ha spinto a suicidarsi legandosi al balcone dell’appartamento che avrebbe dovuto lasciare. Gli ufficiali giudiziari hanno riferito che alla consegna dell’ingiunzione, il Fratti non ha fatto scenate né si è mostrato particolarmente turbato, anzi la sua reazione è stata molto contenuta e ha detto che se lo aspettava.”
Luca ripone l’i-Pad nella tasca della giacca. Nel farlo si sporca con lo schermo del tablet.
Rimane per un attimo interdetto osservando i polpastrelli della mano macchiati da alcuni segni neri, scritti in Times New Roman. Infine, mugugnando, con un Kleenex terge ciò che resta delle parole sulla pelle.



(per chi ha voglia di capire)